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Bibbia e teologia

SCINTILLE DIVINE: GNOSTICISMO E CRISTIANESIMO – PRIMA PARTE

Gnosticismo e cristianesimo: una relazione complicata

Gnosticismo e cristianesimo sono incompatibili? Lo gnosticismo è una eresia, anzi la grande eresia, l’eresia per eccellenza, o è il compagno inevitabile di quei cristiani che riflettono sulla loro fede e in particolare sui cruciali problemi dell’origine del mondo, dell’origine e della natura del male, della redenzione e della salvezza? Le dottrine e le mitologie gnostiche sono una deviazione, una tentazione e una perversione della fede o sono un termine di confronto utile e addirittura imprescindibile per una fede che è fides quaerens intellectum, per una fede che voglia avere l’intelligenza di ciò in cui crede?

Già chiarire il senso e i limiti di queste domande richiederebbe un lungo discorso. Cercherò di essere il più possibile breve senza essere sbrigativo.

Innanzitutto, dovremmo chiarire perché ci poniamo la domanda sullo gnosticismo, visto che essa ha già trovato una risposta perentoria nel II-III secolo, negli scritti di quei padri della chiesa che sono definiti non a caso eresiologi, primo fra tutti Ireneo. Nel II e III secolo, lo gnosticismo – o meglio quei movimenti, quei personaggi e quei sistemi di pensiero che successivamente sarebbero stati definiti gnostici (il termine “gnosticismo” fu usato per la prima volta nel 1664 da un neoplatonico di Cambridge) non solo fu condannato come eresia, ma fu l’eresia per eccellenza, la grande eresia che, per contrapposizione, accompagnò la prima formulazione della dottrina cristiana ortodossa. La domanda ha però un senso e per vari motivi.

Il primo motivo è che gli gnostici, che vengono violentemente attaccati da Ireneo, da Giustino, da Tertulliano e da altri esponenti della Patristica, non solo si consideravano cristiani, ma si ritenevano persino superiori ai “comuni cristiani”, pensavano essere dei “super-cristiani” e di formare una sorta di élite del cristianesimo.

Il secondo motivo, sono le reviviscenze gnostiche che costellano il corso dei secoli fino ad oggi. Per lo storico, lo gnosticismo, dopo aver conosciuto il suo apogeo tra il II e III secolo, tende a sparire a partire dal IV-V secolo (ad eccezione del manicheismo, unico movimento gnostico che formò una vera e propria religione). Sopravvivono però gruppi marginali e periferici come i pauliciani e i bogomiliti, i quali probabilmente influenzano le rinascite gnostiche medioevali, prima fra tutte quella catara, nella Francia meridionale. Vi sono poi certi fenomeni e movimenti neo-gnostici o piuttosto vagamente gnosticizzanti nell’età moderna e contemporanea, che lo storico non può in alcun modo collegare al vero e proprio gnosticismo, ossia a quello antico, ma che pongono degli interrogativi sul revival di motivi tipici dello gnosticismo, spesso ripresi, talora anche inconsapevolmente, in forma ambigua, confusa e talvolta persino caricaturale. È uno strano mondo che comprende, ad esempio, la massoneria e nello stesso tempo le correnti più visceralmente antimassoniche, un mondo dove troviamo Steiner e Jung, Scientology e la Società teosofica, le chiese neo-gnostiche e il sincretismo religioso stile new age.

Il terzo motivo è però a mio avviso il più importante ed è certamente quello che stimola questa mia riflessione. Motivi gnostici continuano a permeare la storia del cristianesimo e dell’ebraismo. Sembra che lo gnosticismo, che legò la sua fortuna alla capacità di infiltrare le diverse religioni, senza costituirsi come religione a sé stante, non abbia mai perso questa sua attitudine, neanche dopo la scomparsa delle vere e proprie comunità gnostiche. Lo gnosticismo ha continuato e continua a penetrare o a insinuarsi nel pensiero e nella sensibilità religiosa dei cristiani e degli ebrei, soprattutto quando essi si sono posti e si pongono il problema del male. L’esempio più imponente ce lo fornisce sicuramente la mistica ebraica, ma la stessa teologia cristiana e i vari movimenti di riforma e di “risveglio” nella storia del cristianesimo sono tutt’altro che estranei a questa sotterranea, ma potente influenza.

La domanda – lo gnosticismo è incompatibile con il cristianesimo (o con l’ebraismo)? – ha dunque un suo valore e anche una sua urgenza.

È tuttavia una domanda complicata, perché lo gnosticismo è fenomeno molto complesso ed anche sfuggente. Pertanto se si volesse una riposta breve, questa risposta, come sempre accade per le domande complesse – sarebbe: “sì e no”. Sarebbe quindi una non risposta.

Dobbiamo quindi necessariamente articolare il ragionamento, sia pure nel modo più sintetico.

Il dualismo gnostico: il Dio inconoscibile e il Demiurgo

Per non entrare in vicoli ciechi, dobbiamo innanzitutto semplificare la questione. Non possiamo interrogarci sullo gnosticismo in generale, in quanto esso non si è mai presentato (salvo, come già detto, nel manicheismo) come una vera religione, organizzata in una sua dottrina, in una dogmatica, in un sistema unitario di pensiero, ma si è sempre manifestato come un complesso di idee espresse in molteplici – e anche complicatissime – varianti. Possiamo, tuttavia, enucleare alcuni temi fondamentali e ricorrenti.

Il primo di questi temi è il dualismo. Non si intende con questa espressione semplicemente quella opposizione tra il bene e il male che caratterizza un po’ tutte le religioni, ma più precisamente la dottrina che profila la contrapposizione ontologica e metafisica di due principi e di due mondi. Questo dualismo ontologico dà poi origine a un dualismo antropologico, gnoseologico ed etico o piuttosto si combina con essi (gli gnostici sovrappongono infatti i diversi piani). Il dualismo così considerato ha origini molto antiche nella cultura greca, che risalgono quantomeno all’orfismo. A noi qui interessa la declinazione del dualismo che troviamo nello gnosticismo cristiano. In esso – ad esempio in Marcione (sempre che lo si ritenga uno gnostico), in Basilide, nel Manicheismo e nei Valentiniani (la corrente gnostica che fu il principale bersaglio polemico della Patristica, dal Contro le eresie di Ireneo a Contro i Valentiniani di Tertulliano) il vero Dio è un Dio nascosto, inaccessibile, ineffabile, inconoscibile. Per Basilide è il “Dio che non è”. Per Valentino è il primo eone, detto anche l’Abisso e, riecheggiando Anassimandro, l’Apeiron, l’infinito e indeterminato.

Se ci fermassimo qui, o meglio se gli gnostici si fermassero qui, avremmo qualche difficoltà a qualificare come eretica la loro dottrina, sia dal punto di vista cristiano, sia da quello ebraico. Siamo infatti di fronte a quella “teologia negativa” – nella quale di Dio si può dire solo ciò che non è, su Dio non si possono fare affermazioni “positive”, a Dio non si può assegnare nessun attributo e Dio resta quindi ineffabile e inconoscibile quantomeno nella sua essenza – teologia negativa che è una corrente importante di tutte e tre le fedi monoteistiche. Di frequente, nei secoli scorsi, si è operata la distinzione fra Dio che nella sua essenza è il “Deus absconditus” e Dio che si rivela come Dio-persona e con certi attributi, nella sua Creazione, nelle Scritture, nell’animo umano. Nella mistica ebraica, Dio è l’En-Sof, l’infinito e indeterminato, e alcuni cabalisti usano per l’En-Sof il simbolo del Nulla, un Nulla che non è un vuoto, un non-essere, ma, nella sua infinità e perfezione, è una ineffabile, assoluta pienezza.

La questione, tuttavia, è che gli gnostici non si fermano certo qui, ma contrappongono due figure divine: un Dio superiore, definito come si è appena detto, e un Dio inferiore, definito spesso “Demiurgo” (o Arconte) e ritengono che sia questo Dio inferiore e non il Dio superiore a creare il mondo. Se non consideriamo il Manicheismo, il Dio inferiore generalmente non è malvagio, ma ignorante (ammesso che nei sistemi gnostici si possa fare una netta distinzione fra le due cose): ignora cioè l’esistenza del Dio superiore, si crede l’unico Dio e come tale pretende di essere adorato.

Il problema più serio è che in molti casi – sicuramente in Marcione e Basilide – questo Dio creatore, il Demiurgo o l’Arconte, è identificato con il Dio dell’Antico Testamento, che non sarebbe quindi il vero Dio, il Dio supremo. Ne consegue, come caratteristica di fondo di tutto lo gnosticismo, l’antinomismo, il rifiuto della legge divina, della Torah, perché essa sarebbe opera di questo Dio inferiore (il quale per Marcione è un Dio di Giustizia, ma non di Amore, non è quindi il Dio di Gesù) e anche, nei casi estremi, il rifiuto della legge umana. Ne consegue soprattutto un potenziale antigiudaismo. Vi è pure talora il completo rovesciamento dell’Antico Testamento (che Marcione come si sa rifiutava di inserire nel suo canone della Sacra Scrittura), non solo per l’accennato antinomismo, ma con i Patriarchi, Mosè, i profeti che vengono trasformati in personaggi negativi, mentre i ribelli a Dio, ossia al Demiurgo, diventano figure positive e il peccato originale diventa il primo atto di consapevolezza. Abbiamo posizioni significative nel loro radicalismo, per quanto marginali: la setta dei Cainiti esalta tutti i personaggi, da Caino, appunto, fino a Giuda Iscariota che sarebbero perseguitati dal Demiurgo perché si sono opposti a lui. Nella setta degli Ofiti (da ophis, serpente, in greco) il Serpente è colui che libera Adamo ed Eva prigionieri nell’Eden ed è inviato a compiere questa missione di liberazione da Sophia – la più importante emanazione del Dio superiore, di cui parleremo in seguito.

L’assoluta incompatibilità con il cristianesimo e ovviamente con l’ebraismo di questi aspetti e di queste sette dello gnosticismo è del tutto evidente, come purtroppo è anche possibile che allo sviluppo dell’antigiudaismo cristiano e poi dell’antisemitismo contemporaneo (con un significativo, rinnovato interesse per Marcione nel XIX secolo, specie in Germania) abbia potuto contribuire anche la sotterranea influenza di questi motivi gnostici.

Il dualismo e il problema del male nei maggiori pensatori gnostici

Ma queste considerazioni non bastano affatto a liquidare la questione. Se consideriamo i sistemi gnostici intellettualmente più raffinati e le forme meno radicali di dualismo, l’incompatibilità con il cristianesimo va discussa attentamente e punto per punto. Valentino – probabilmente il maggiore dei pensatori gnostici – si formò e poi insegnò ad Alessandria d’Egitto, l’indiscussa capitale culturale del mondo di allora, la città dove aveva operato il grande filosofo ebreo Filone e dove sarebbero fioriti a loro volta, qualche tempo dopo, i protagonisti della controversia ariana e del Concilio di Nicea. Sempre ad Alessandria operò anche Basilide. Occorre comprendere i loro raffinati sistemi teologici a partire dal loro scopo: trovare una risposta al problema del male e, in particolare, alla questione della teodicea: se Dio è buono e giusto, perché c’è il male? E perché il male colpisce tanto i giusti che gli iniqui, perché colpisce esistenze innocenti come quella dei bambini, perché devasta la natura stessa e tutti i suoi abitanti, accomunandoli nella sofferenza? Occorreva – e occorre – sfuggire alla semplice soluzione di Epicuro: o Dio può eliminare il male e non vuole, e dunque non è buono; o Dio vuole eliminare il male e non può, e allora non è onnipotente (e dunque non è neanche un vero Dio).

La duplicazione del principio divino e dei mondi, nello gnosticismo, ha proprio lo scopo di spiegare l’origine, la natura e la portata del male, senza coinvolgere il Dio supremo, il vero Dio. Ciò porta a delle inevitabili aporie, che Valentino e Basilide affrontano elaborando delle costruzioni intellettuali di grande complessità. D’altra parte, il medesimo problema del male e della teodicea, dopo due millenni di teologia cristiana “ortodossa” – intendendo con questo termine quella che si fonda sui grandi concili del IV-V secolo e sui relativi dogmi – non ha trovato una soluzione convincente da contrapporre a quella gnostica. Resta quindi un problema aperto, quanto ineludibile. È quindi il caso di esaminare le ardite costruzioni dottrinarie gnostiche, senza lasciarsi tentare da facili entusiasmi, ma senza neppure chiusure preconcette, ossia con prudenza, per verificare se hanno un qualche contributo da offrire alla nostra riflessione sul male.

Certamente inaccettabile, per ogni fede monoteistica, è l’idea di un secondo Dio, di un Dio “inferiore” o Demiurgo – che poi per giunta viene identificato con il Dio di Abramo e di Israele. È però poco plausibile che Valentino che, come si diceva si era formato nell’ambiente neoplatonico di Alessandria, aveva avuto come maestro Teudas, un discepolo dell’apostolo Paolo, era stato nella chiesa di Roma e, secondo Tertulliano, aveva addirittura “rischiato” di diventarne vescovo – ossia papa, come si sarebbe detto in seguito – abbia poi abbandonato il monoteismo. In effetti, nel suo sistema il Demiurgo non è un secondo Dio, in quanto è creato da Sophia, che è a sua volta un eone inferiore che procede per emanazione dall’eone supremo, il quale soltanto merita il vero nome di Dio. L’architettura di Valentino è, come si diceva, molto complessa: dalla prima coppia, l’eone superiore, invisibile, che nessuna cosa può contenere ed è chiamato pure “Abisso”, e dal “Pensiero”, chiamato pure “Silenzio”, si generano le coppie di eoni successivi, articolati in Ogdoade, Decade e Dodecade, per un totale di trenta eoni, che nel complesso costituiscono il Pleroma, la “pienezza”, la “compiutezza” del mondo divino superiore. Da uno di questi eoni, Sophia, e più precisamente dal drammatico evento della sua caduta (di cui parleremo) si genera il Demiurgo che è un “cosmokrator”, creatore e signore del cosmo, ossia del mondo inferiore. La complessa elaborazione dottrinaria, qui riassunta in modo estremamente sommario, serve ad allontanare il più possibile il mondo superiore dal mondo inferiore, contaminato dal male e dal peccato, a conciliare l’unità (di Dio) con la molteplicità, a giustificare il passaggio del divino dal mondo superiore al mondo inferiore, che avviene sotto forma di “scintille” divine e all’insaputa del Demiurgo, e a fondare, come vedremo in seguito, il ritorno di questo elemento divino, caduto e redento, nel mondo superiore. Questo quadro teorico, che ovviamente bisogna leggere in chiave simbolica, ricorda da un lato il Neoplatonismo, dall’altro le speculazioni cabalistiche successive, specie quelle contenute nello Zohar.

Una concezione analoga si trova in Basilide, nel quale il “Dio inferiore”, qui chiamato Grande Arconte, è una delle filiazioni – la più bassa – del seme divino superiore e crea e modella il mondo.

Sia in Valentino che in Basilide è chiara l’intenzione fondamentale, ma anche l’aporia, la difficoltà che il pensiero incontra non per una sua deficienza, ma al contrario per la sua estrema profondità: il Dio superiore – ma diciamo pure l’unico, vero Dio – deve restare estraneo alla corruzione del mondo creato e quindi al male, ma nello stesso tempo non può essere radicalmente separato dal mondo altrimenti non ci sarebbe redenzione, non ci sarebbe salvezza. Il problema è allora come il mondo divino possa “scendere” nel mondo inferiore – e che cosa del mondo divino scenda effettivamente – senza contaminarsi col male, e come poi si realizzi il processo inverso, l’ascesa, il ritorno del divino dall’esilio nel mondo inferiore.

Per questo motivo, come si è visto, i sistemi gnostici tendono ad articolare il mondo superiore – e anche quello inferiore – adottando e complicando estremamente lo schema neoplatonico e assumendone in particolare l’idea dell’origine del cosmo per emanazione.

Emanazione e “creazione dal nulla”

Qui, tutti quelli che hanno un po’ di conoscenze filosofiche obietteranno che il Dio biblico non “emana” il mondo, ma lo “crea dal nulla”. Da Agostino in poi siamo stati abituati a leggere il racconto di Genesi 1 in termini di “creazione dal nulla” e a contrapporre creazione ed emanazione. Tutti i manuali di filosofia ripetono in modo perentorio questa tesi. E tuttavia essa andrebbe messa in discussione. Innanzitutto, quella di Agostino è una interpretazione e solo una interpretazione, autorevole quanto si vuole, del racconto di Genesi. Un racconto che non vuole affatto esporre una “dottrina” sulla creazione, il cui fine non è quello di presentarci una cosmologia, ma che vuole invece affermare essenzialmente la assoluta signoria di YHWH sul mondo. È da questa signoria che parte logicamente e teologicamente la Scrittura quando parla del Dio di Israele: la creazione viene prima solo cronologicamente. In altri termini, YHWH non è l’unico e assoluto Signore del mondo perché ne è il creatore, ma, al contrario, è creatore – ossia è all’origine del mondo – perché è l’unico Signore. Il racconto di Genesi si esprime inoltre con delle simbologie – la terra “informe e vuota”, le tenebre, l’abisso, le acque su cui volteggia lo Spirito di Dio – che si prestano a interpretazioni diverse.

D’altra parte, l’idea della creazione dal nulla, ossia del venire all’essere dal non-essere assoluto si scontra con una difficoltà logica ben presente al pensiero filosofico greco; anzi appare proprio assurda. Se invece Dio stesso può essere detto “il Nulla”, come fa qualche gnostico, come farà qualche mistico, sia cristiano che ebreo, un Nulla che non è affatto non-essere, ma è assoluta pienezza, allora la creazione dal Nulla è creazione da Dio stesso, dalla sua intima essenza, e coincide sorprendentemente con l’emanazione neoplatonica, gnostica, di certe correnti della mistica. È un ragionamento che qui posso solo accennare e che richiederebbe altro sviluppo, soprattutto riguardo alle possibili implicazioni panteistiche e alla caratteristica oscillazione tra panteismo e teismo che caratterizza tutte le teologie di matrice neoplatonica e di carattere mistico.

Un primo bilancio

Abbiamo quindi visto che l’idea gnostica di un Demiurgo, come Dio inferiore, quando questi si presenta chiaramente come un falso Dio, ossia come un idolo non è poi così incompatibile con la fede biblica – ebraica o cristiana – sempre che, naturalmente, questo falso Dio non venga identificato con il Dio dell’Antico Testamento. Il fatto che il cosmo derivi solo indirettamente dal vero Dio e più immediatamente da questo Demiurgo, che egli ne sia il “creatore”, sembra fortemente stridente con la nostra concezione della creazione, ma diventa più comprensibile all’interno della dottrina della emanazione. E abbiamo visto che dovremmo mettere in discussione o almeno considerare più attentamente le nostre idee convenzionali sulla emanazione e sulla creazione dal nulla. Demiurgo e Arconte vanno inoltre intesi come simboli, simboli di quella caduta, di quella corruzione del mondo di cui la Bibbia certamente parla: “Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta” (Genesi 6, 12). Certo, gli gnostici enfatizzano questo elemento della corruzione del mondo, della corruzione cosmica– il cosiddetto anticosmismo – elaborandolo, con l’apporto del pensiero greco, in una concezione dualistica.

Ma il motivo stesso del dualismo, da cui siamo partiti, non è necessariamente incompatibile con la fede biblica ebraica o cristiana, in quanto il dualismo si presenta in varie forme, gradi e accezioni. Certamente non ha nulla a che vedere con il cristianesimo e con l’ebraismo quel dualismo che possiamo definire radicale, simmetrico e orizzontale, nel quale cui i due principi divini e ontologici, quello del bene e quello del male, sono indipendenti e coesistenti e hanno pari potenza. Nel caso estremo, che è quello del manicheismo, anche all’eschaton questi due principi permangono entrambi, sebbene definitivamente separati.

Ma vi è anche, come abbiamo visto e proprio nei più solidi pensatori dello gnosticismo cristiano, un dualismo moderato, asimmetrico e verticale, nel quale il principio del male è sottoposto a quello del bene, è già sconfitto o comunque soccomberà all’eschaton. Qui il mondo inferiore nasce per degradazione del principio superiore, con una progressione di livelli, di successive emanazioni. Spesso esso è creato dal dio inferiore o demiurgo, ma presenta scintille o semi caduti dal mondo superiore, dai quali incomincia il processo di redenzione e di ritorno.

In un prossimo articolo ci occuperemo proprio di questo processo di redenzione ossia della concezione della salvezza, della soterologia gnostica e del problema cruciale: chi è Cristo per gli gnostici? È il Cristo dei dogmi di Nicea e di Calcedonia o è un Cristo del tutto diverso?

È doveroso raccomandare per una prima informazione generale sullo gnosticismo, il bel libro di Augusto Cosentino, Prigionieri del Cosmo. Un profilo storico e tipologico dello Gnosticismo, un’opera della quale mi sono ampiamente servito per questo articolo.

Segnalo anche il mio ciclo di videolezioni sul problema del male tra letteratura, filosofia e teologia (per chi è interessato: angelomicheleimbriani62@gmail.com)

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