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letture critiche del tempo presente

Il Concilio Vaticano II contro il “Nuovo ordine mondiale”

Il mese scorso sono state depositate le motivazioni delle sentenze con cui la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi contro l’obbligo vaccinale, legittimando la misura imposta da Draghi-Speranza. Tra l’altro, la Corte ha asserito l’esistenza nel nostro ordinamento di una riserva di scienza, vale a dire del dovere di Governo e Parlamento, in particolare in caso di emergenza sanitaria, di adottare decisioni fondate sullo stato attuale delle conoscenze e delle evidenze scientifiche, acquisite attraverso gli organi tecnico-scientifici dello Stato e della comunità internazionale (in sostanza Iss, Aifa, Ema ed Oms) e non attraverso l’opinione di singoli scienziati. La Corte ha anche precisato che tali conoscenze scientifiche sono mutevoli e che quindi le scelte del legislatore devono adeguarsi a questo “divenire” della scienza o della presunta scienza.

Ora, l’idea che le decisioni politiche debbano fondarsi su “evidenze scientifiche” e che in tal modo si pongano al di là del sindacato di legittimità costituzionale non solo pregiudica l’autonomia della politica dalla scienza, non solo consente al governo di turno di presentare come oggettive e quindi inoppugnabili le sue scelte che, invece, proprio in quanto politiche dovrebbero considerarsi sempre criticabili, non solo consente al politico di presentarsi con l’autorità indiscutibile dello scienziato e addirittura in veste di medico che obbliga il paziente a una determinata terapia, ma cela un problema ancor più grave, se possibile, di quelli appena enunciati. Nel mentre pare compromessa l’autonomia della politica, è in realtà l’autonomia della scienza ad essere colpita. Non è la politica ad essere asservita alla scienza, ma è la scienza che diviene strumento della politica, che ovviamente la manipola in base ai suoi fini. È ciò che è accaduto nei regimi totalitari novecenteschi e anzi ne ha rappresentato un carattere peculiare.

Ed è così che tra il 2020 e il 2022 i governi Conte e Draghi hanno imposto, sulla base di una pretesa “evidenza scientifica”, norme che, mentre hanno gravemente compromesso libertà fondamentali e diritti costituzionalmente garantiti, primo fra tutti il diritto al lavoro, hanno rappresentato un vero e proprio oltraggio alla scienza autentica, hanno piegato la scienza agli usi politici, hanno utilizzato le asserzioni di esperti di regime ed organismi politici – come il Cts e l’Oms – per trasformare la scienza in ideologia e religione di Stato.

Vorrei però concentrarmi sul modo in cui il mondo cattolico ha vissuto questa situazione. Come è noto, Bergoglio ha prontamente adottato la narrazione politico-pandemica ufficiale, anzi si può dire che ha contribuito egli stesso a costruirla – dichiarando ad esempio che vaccinarsi era non solo un dovere civico, ma un “atto di amore cristiano” – e certamente una buona parte dei cattolici, come del resto la grande maggioranza dei laici o delle minoranze religiose, hanno a loro volta aderito acriticamente alla verità di regime. D’altra parte, esponenti di un cattolicesimo conservatore o reazionario che contestano l’indirizzo del papato bergogliano – il più celebre è il cardinale Viganò – hanno invece denunciato con vigore la “dittatura sanitaria”, come parte di un progetto anticristiano di “Nuovo ordine mondiale”.

Questa situazione ha prodotto una serie di equivoci. Innanzitutto, si è proceduto a una semplice ma fuorviante equazione per cui tutto il mondo cattolico democratico, liberale o progressista è stato assimilato alla posizione del papa, benché in questa area esista una minoranza – cosiddetta no vax – certamente non più esigua della minoranza no vax di altre aree. In secondo luogo, nonostante il suo silenzio, si è ascritto d’ufficio il papa emerito, Benedetto XVI, alla posizione dell’area contestatrice. In terzo luogo, si è scambiata la battaglia contro la “dittatura sanitaria” di Viganò e di altri cattolici conservatori o reazionari per una battaglia di libertà mentre era ed è una battaglia contro la chiesa di Bergoglio e più in generale contro la modernità occidentale.

Da qui, l’ultimo equivoco, quello su cui vorrei soffermarmi. Dato che questa componente cattolico-reazionaria è schierata contro la chiesa del Concilio Vaticano II e vede anzi nel Concilio promosso da Giovanni XXIII la piena manifestazione, l’apocalisse si può dire, della deriva modernista della chiesa e addirittura l’ingresso di Satana in essa, si è proceduto a identificare la chiesa del Vaticano II come quella che nella sua degenerazione avrebbe aderito al “nuovo ordine mondiale”, del quale la “dittatura sanitaria” è una espressione, e anzi ne costituirebbe un pilastro e si è da qui ritenuto che il rifiuto del Vaticano II faccia parte della lotta del Bene contro il Male. È questo un preciso capovolgimento della realtà, come ora cercherò di spiegare, almeno per quanto riguarda la portata storica e il valore attuale del Vaticano II.

Il problema centrale che abbiamo scontato, come ho detto brevemente in apertura di questo articolo, è stato l’asservimento della scienza al potere politico. La negazione, di fatto, della libertà scientifica è stato il grimaldello che ha consentito di forzare tutte le altre libertà. Questa strumentalizzazione e manipolazione della scienza, come dicevo, ha richiamato alla mente in modo inquietante la vicenda dei totalitarismi novecenteschi, ma nel contempo ci ha riportati ad un’epoca e a un paradigma culturale in cui era l’autorità – politica e soprattutto ecclesiastica – a decidere quali fossero le “evidenze scientifiche”, sanzionando chi le contestava. L’epoca del processo a Galileo. Ora, nella storia della chiesa cattolica la svolta, che ha portato a riconoscere e a rispettare l’autonomia della scienza, è avvenuta proprio con il Concilio Vaticano II e in particolare con la Costituzione pastorale Gaudium et spes. Per questo è paradossale che la lotta contro il regime sanitario liberticida che ha strumentalizzato e asservito la scienza possa coincidere, per taluni, con la lotta alla chiesa del Vaticano II, perché proprio il Concilio bisognerebbe in realtà invocare per contestare le posizioni assunte da Bergoglio a sostegno della narrazione pandemica. So bene che Bergoglio e tutti i cattolici che ne hanno condiviso la posizione ritengono di aver proprio rispettato l’”autonomia della scienza” quando hanno chiuso le chiese, sostituito l’acqua santa con l’amuchina e la santificazione con la sanificazione, e ciò proprio con l’argomentazione di cui si è servita la Consulta, ossia ritenendo che i provvedimenti restrittivi fossero fondati sulle “evidenze scientifiche”. Ma proprio questo argomento va confutato e va smascherato come mistificazione della realtà, perché non segna affatto l’arretrare della politica di fronte alla scienza e in nome di un preteso bene comune, ma segna invece la manomissione della scienza in funzione di un progetto politico. Nel mondo cattolico occorrerebbe quindi richiamare l’autentica parola del Vaticano II proprio per contrastare il regime sanitario liberticida.

Soffermiamoci quindi sulla svolta realizzata dalla Gaudium et spes. Si trattò della più ampia e, almeno in una certa ottica, della più importante delle Costituzioni del Vaticano II, quella che ridisegnava il ruolo della chiesa nel mondo contemporaneo.

Si trattò, in particolare, di un significativo mutamento di posizione non solo rispetto all’”oscurantismo” della chiesa che aveva condannato Galileo e Giordano Bruno, ma anche e soprattutto rispetto alla ben più recente realtà della chiesa di Pio IX, del Vaticano I e del Sillabo – ossia la chiesa apprezzata dai cattolici reazionari odierni. Nel Sillabo, promulgato assieme all’Enciclica Quanta cura l’8 dicembre del 1864, Pio IX condannava 80 proposizioni come “errori ed eresie” dell’epoca moderna. In sostanza, il documento pontificio era una condanna dell’intera modernità. In particolare, è rilevante per il nostro discorso la condanna delle seguenti proposizioni (da X a XIV):

«X. […] La filosofia né può, né deve sottomettersi ad alcuna autorità.

XI. la Chiesa non solo non deve mai correggere la filosofia, ma anzi deve tollerarne gli errori e lasciare che essa corregga sé stessa

XII. I decreti della Sede apostolica e delle romane Congregazioni impediscono il libero progresso della scienza

XIII. Il metodo e i principi coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la teologia non si confanno alle necessità dei nostri tempi e al progresso delle scienze.

XIV. La filosofia si deve trattare senza avere riguardo alcuno alla soprannaturale rivelazione».

Va chiarito che, come nel processo a Galileo, dove si legge “filosofia” deve intendersi anche “scienza”.

Questa posizione reazionaria, che poi ispirò anche la condanna del “modernismo” da parte di Pio X a inizio Novecento, viene superata dalla Gaudium et spes, in particolare nel capitolo III ove si riconosce il “valore dell’attività umana che cerca di migliorare le proprie condizioni di vita”, la quale non solo non si pone in contrasto con Dio, ma  “corrisponde alle intenzioni di Dio” ed anzi “prolunga l’opera del Creatore”. “I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell’ingegno e del coraggio dell’uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le vittorie dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno”.

Questo tuttavia non può portare a una fede incondizionata nel progresso e a giustificare qualsiasi manipolazione della creazione stessa, né a un dominio della tecnologia (o piuttosto a un dominio politico fondato sulla tecnologia): “tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la base materiale della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo a realizzarla”.

In definitiva è questa la “norma” dell’attività umana posta dal Vaticano II: “che secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene dell’umanità, e che permetta all’uomo, considerato come individuo o come membro della società, di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione”.

E’ evidente e persino banale osservare che queste frasi di fiducia nel progresso– che peraltro risentono del clima dei primi anni Sessanta – possono essere usate malevolmente per giustificare persino gli incubi distopici del transumanesimo, la manipolazione genetica, il controllo totalitario attraverso le intelligenze artificiali, ma bisogna ricordare anche che pure il pensiero dei filosofi tedeschi fu manipolato e usato dal nazismo: bisogna distinguere gli usi legittimi di un testo da quelli assolutamente illegittimi perché ne tradiscono lo spirito e l’intenzione. E vedremo meglio tra poco che in questo caso si tratterebbe non solo di un uso illegittimo, ma di un vero e proprio abuso.

È comunque sulla base di questa premessa che la Gaudium et spes giunge ad affermare la “legittima autonomia delle realtà terrene”.

“Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d’autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.

Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l’uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o tecnica.

Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio .

Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.

A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro”.

Queste frasi rappresentano evidentemente la rivincita postuma di Galileo che aveva proprio affermato la piena conciliabilità di scienza e fede, anzi la reale impossibilità di un loro contrasto.

Non a caso, proprio in linea con il Concilio, nel 1981 Giovanni Paolo II (si badi, Giovanni Paolo II, ossia l’interprete “conservatore” del Vaticano II, e non Paolo VI, l’interprete “progressista” –e mi scuso per il semplicismo di queste definizioni) istituiva quella Commissione pontificia che doveva giungere alla cosiddetta riabilitazione dello scienziato pisano.

L’unico limite all’autonomia della scienza, o per meglio dire alla falsa e pericolosa declinazione di questa autonomia, sta, per la Costituzione conciliare, nel non riferire le cose create a Dio. Per quanto però affermato in precedenza, questo non significa che lo scienziato debba manifestare direttamente nel suo lavoro le sue convinzioni religiose e non esclude certo dalla scienza i non credenti e i laici: riferire le cose create al Creatore significa semplicemente che il progresso della scienza deve corrispondere “al vero bene dell’umanità” e questo vero bene non può essere quello arbitrariamente definito dal potere politico, perché è solo ed unicamente quello che deve consentire all’uomo “considerato come individuo o come membro della società, di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione”, ossia deve corrispondere all’intenzione del Creatore, anche se chi è chiamato a contribuire a realizzarlo è un laico o un non credente, che tale resta e intende restare.

La corretta lettura del testo conciliare, dunque, non solo non può assecondare le derive progressiste transumaniste, ma si oppone ad esse. Questo capitolo della Gaudium et spes, nel suo vero spirito e nella sua autentica intenzione, andrebbe anzi proprio messo dinanzi al papa e a tutti i cattolici che hanno sostenuto il regime sanitario e dovrebbe essere uno strumento teologico di lotta per quei cattolici che a quel regime  e al “Nuovo ordine mondiale” si oppongono, se solo si avesse chiaro che, come la manipolazione politica della scienza è stata usata dal potere per comprimere i nostri diritti, così la rivendicazione della sacrosanta autonomia della scienza – e non la sua negazione  – è l’arma di lotta nella rivendicazione di quelle libertà che sono state conculcate e che potrebbero tornare ad esserlo.

Sembrerebbe quindi una palese contraddizione che taluni che si presentano come irriducibili avversari della dittatura sanitaria, maledicano nel contempo il Vaticano II. Si tratta però di una contraddizione solo apparente. La dissonanza sarebbe reale se costoro fossero sinceramente vocati alla causa della libertà; in realtà ne sono nemici e solo strumentalmente l’hanno fatta propria (come strumentalmente hanno usato ed usano per i loro fini Ratzinger, che al Vaticano II dette invece il suo importante contributo di giovane teologo, come “perito del Concilio” e fu considerato persino un esponente dell’ala riformatrice). Se avessero il potere e se le condizioni storiche lo permettessero questi cattolici reazionari non esiterebbero a processare il Galileo di turno e ad accendere roghi contro la libertà di pensiero.

Questa operazione di chiarezza, nell’area cosiddetta antisistema, fra veri e finti amici della libertà andrebbe fatta senza ulteriori indugi: essa non può essere sacrificata ad alcuna pretesa necessità “tattica” e a nessuna retorica invocazione all’”unità” di tutti i dissidenti. Dissidente è solo chi ha nella libertà – e anche nella libertà del cristiano – il faro della sua azione nel mondo.

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