
Secondo la narrazione ufficiale, il primo caso accertato di Sars-Covid 19 si verificò il 1° dicembre 2019 nella città cinese di Wuhan, sotto forma di polmonite atipica. Peraltro, dato il segreto mantenuto a lungo dalla autorità cinesi, solo il 24 gennaio 2020 la Rivista Lancet poté individuare, con una analisi retrospettiva, il suddetto “paziente zero”. Successivamente si è potuto plausibilmente ipotizzare che il virus circolasse già quantomeno da ottobre-novembre, senza che nessuno al mondo ne fosse consapevole (o almeno abbia mai dichiarato ufficialmente di saperlo).
Ha quindi destato molto scalpore e scatenato le inevitabili speculazioni la notizia che proprio nell’autunno del 2019 due successivi studi simulavano la diffusione di una pandemia dovuta a un Coronavirus. A far rumore è soprattutto l’identità dei soggetti promotori delle ricerche.
Nel primo caso, si tratta del rapporto annuale del Global Preparedness Monitoring Board (GPMB). Questo organismo è una articolazione dell’OMS e della Banca mondiale, creato ufficialmente in conseguenza della epidemia di Ebola in Africa. L’elenco dei suoi board members è estremamente significativo, ma lo sveleremo solo alla fine della nostra ricostruzione.
Il rapporto, in linea con la stessa “ragione sociale” del GPMB, intendeva mettere in guardia il mondo dal rischio sanitario e predisporre una risposta globale a future emergenze. L’eventualità era ritenuta plausibile, dato che l’OMS tra il 2011 e il 2018 aveva monitorato 1483 eventi epidemici in 172 diversi paesi. Questa diffusione di malattie contagiose lasciava prevedere, secondo il GPMB, lo scatenarsi di un evento pandemico. Lo studio al centro del rapporto simulava dunque la diffusione di un virus altamente letale per mostrare come nessun paese fosse preparato ad affrontare adeguatamente un simile evento, non solo sul piano sanitario, ma anche riguardo alle conseguenze economiche e sociali, e per richiamare alla esigenza di una risposta globale e coordinata dei governi e delle varie istituzioni mondiali, pubbliche e private.
A ottobre, in stretta continuità con il rapporto del GPMB, veniva effettuata l’esercitazione virtuale denominata Event 201, che simulava una pandemia originata da un Coronavirus, simile a quello che forse si stava già silentemente diffondendo e che si sarebbe palesato in Cina un paio di mesi dopo. La simulazione si svolge precisamente la mattina del 18 ottobre, a The Pierre Hotel di New York ed è organizzata da The Johns Hopkins Center for Health Security, dal World Economic Forum e da Bill & Melinda Gates Foundation. La prima organizzazione è sicuramente meno nota delle altre due e vale quindi la pena spendere due parole. The Johns Hopkins Center for Health Security si è occupato negli ultimi anni dei rischi per la salute provocati da epidemie e malattie infettive, ma in verità era nato, nel 1998, per “studiare la vulnerabilità della popolazione civile statunitense alle armi biologiche e il modo in cui prevedere, prepararsi e rispondere alle loro conseguenze”. Appare molto significativo, quindi, questo spostamento dal rischio terroristico a quello sanitario. Va anche notato che pure allora, nel 1998, sebbene la minaccia terroristica fosse già avvertita molto seriamente, la costituzione dell’organizzazione appare quasi una premonizione del principale evento catastrofico del genere, quello dell’11 settembre 2001 (sebbene non condotto evidentemente con armi biologiche – ma ricorderete poi la storia dell’antrace…).
Le finalità di Event 201 sono così delineate: “negli ultimi anni il mondo ha visto un crescente numero di eventi epidemici, che ammontano approssimativamente a 200 all’anno. Questi eventi sono in aumento e sono distruttivi per salute, economia e società. Già in assenza di una minaccia pandemica la gestione di questi eventi richiede uno sforzo globale. Gli esperti convengono sul fatto che è solo questione di tempo prima che uno di questi eventi epidemici divenga globale – un evento pandemico con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Una severa pandemia, come viene assunta in Event 201, richiederebbe una solida cooperazione tra diverse industrie, i governi nazionali e le istituzioni internazionali chiave”.
Lo scenario della simulazione viene invece così descritto:
“Event 201 simula un focolaio di un nuovo coronavirus di origine animale, trasmesso dai pipistrelli ai maiali agli uomini, che successivamente diventa altamente trasmissibile da persona a persona, portando a una grave pandemia. L’agente patogeno e la malattia che provoca sono ampiamente modellati sulla SARS, ma esso è più trasmissibile nella comunità attraverso le persone che hanno sintomi lievi. Il morbo incomincia nelle fattorie di maiali in Brasile, inizialmente in modo silenzioso e lento, ma poi comincia a diffondersi più rapidamente nelle strutture sanitarie”. Quindi la malattia esplode nei grossi agglomerati urbani del Sudamerica e, attraverso i viaggi aerei, viene esportata in Portogallo, USA e Cina e quindi in molti altri paesi.
Come si vede, è una impressionante anticipazione di quanto effettivamente accadrà qualche mese dopo: a parte l’anello intermedio dei maiali nella trasmissione dal pipistrello all’uomo e l’origine geografica della pandemia in Brasile, il quadro corrisponde esattamente a quello che si verificherà realmente (o almeno, riguardo ai pipistrelli, a come sarà ricostruita e raccontata la vicenda reale del Covid 19).
La qualità “profetica” della simulazione dell’Hotel Pierre si conferma pienamente nella descrizione dei successivi sviluppi della “immaginaria” pandemia. Il virus, nonostante i parziali, iniziali successi di alcuni paesi nel tenerlo sotto controllo, continua a diffondersi, per successive ondate e alla fine nessun paese è più capace di tenerlo a bada. Il primo anno non c’è nessun vaccino disponibile. Vi sono solo cure antivirali palliative, che possono aiutare i malati ma non limitano la diffusione del contagio. I casi e i morti crescono così in modo esponenziale e le conseguenze economiche e sociali diventano sempre più gravi.
Nella simulazione, dopo 18 mesi e 65 milioni di morti, la diffusione del virus incomincia a rallentare per il numero decrescente di individui suscettibili, ma la pandemia continua fino a che non è disponibile un vaccino efficace o fino a che l’80-90% della popolazione globale è stata esposta al virus. Da questo momento, si trasforma in una banale malattia endemica.
Ovviamente, quando questo scenario immaginario si è largamente trasferito nella realtà si è subito diffuso il sospetto che si trattasse di una “profezia autoavverantisi”. Pertanto, il Centro per la Sicurezza Sanitaria si è preoccupato di diffondere una nota in cui precisava che con i suoi partners (Wef e Bill Gates) non aveva inteso formulare alcuna previsione, ma piuttosto immaginare una pandemia fittizia per evidenziare le sfide che sarebbe stato necessario affrontare nel caso di un evento reale e per prepararsi ad esse.
Questa precisazione, ovviamente, non ha affatto spento polemiche e sospetti e ha portato nuove e copiose acque al mulino delle “teorie del complotto”.
È però a mio avviso sterile o controproducente lasciarsi coinvolgere nella guerra tra “complottisti” e “anticomplottisti”, dato che essa finisce per distogliere l’attenzione dalla questione centrale che non è invece coperta da alcun segreto. Vorrei anzi riprendere un paragone già utilizzato da altri, quello con il racconto di Edgar Allan Poe intitolato “La lettera rubata”. Alla Regina di Francia viene trafugata una lettera compromettente, presumibilmente per ricattarla. La polizia individua il presunto ladro e incomincia a rovistare nel suo appartamento in ogni possibile nascondiglio. La lettera non salta fuori, fino a che uno degli agenti non si accorge che era “nascosta in bella vista”, dove nessuno aveva pensato di cercarla.
È una bella metafora: concentrandoci solo sulla ricerca di verità segrete rischiamo di non trovare mai le prove e di fare il gioco di quelli che, talora non disinteressatamente, deridono il “complottismo”, per screditare non solo il vero e più rozzo complottismo, ma qualunque sano atteggiamento critico che punti a smascherare e a demistificare le narrazioni dominanti. Cercando troppo accanitamente e finanche ossessivamente le prove del complotto, rischiamo in primo luogo di assecondare questo gioco, che mira a neutralizzare non già il “terrapiattismo”, ma ogni opposizione critica al sistema di potere, e, in secondo luogo, di non vedere quei segreti che in realtà tali non sono perché sono “nascosti in bella vista”, come la lettera della Regina di Francia. E si tratta spesso di dati di fatto che non solo sono più solidi e fondati, ma sono anche più pericolosi per i poteri dominanti.
Nel caso specifico, Event 201 non costituisce la prova che la pandemia sia stata predisposta a tavolino, come dovrebbe essere ovvio se non si cade appunto nel circuito mentale proprio delle “teorie del complotto”. D’altra parte, solo nell’ottica di un deteriore scientismo la mancanza di prove ad una tesi è sufficiente a provare la verità della tesi opposta: in questo l’anticomplottismo è altrettanto “rozzo e volgare” di certo complottismo. Occorrerà quindi sospendere il giudizio – la sana epochè dello Scetticismo antico – sulla tesi della pandemia programmata e realizzata da alcuni ben individuati soggetti, per soffermarsi invece sulla “lettera nascosta in bella evidenza” che Event 201 ci presenta.
Sul piano della gestione sanitaria della pandemia, è già delineato il programma che è stato poi attuato rigidamente in tutto il mondo, quando il morbo si è veramente diffuso e quale che ne sia stata l’origine: nessuno sforzo sul fronte delle terapie e concentrazione esclusiva sul vaccino.
Riguardo al modo di gestire politicamente l’evento e le sue conseguenze economiche e sociali le “raccomandazioni” contenute nella simulazione anticipano largamente The Great Reset di Schwab, che verrà scritto solo nel giugno dell’anno successivo, confermando non solo che la pandemia è stata considerata e utilizzata, quale ne sia stata l’origine, come una “finestra di opportunità”, ma che a questo uso di una futura pandemia, ossia al Great Reset, si era già preparati, prima che il Covid effettivamente divampasse. La pandemia forse non è stata intenzionalmente fabbricata, ma è stato certamente programmato in anticipo il Great Reset.
L’impostazione delle raccomandazioni corrisponde, sebbene solo nelle linee generali, esattamente all’indirizzo del Great Reset di Schwab, che poi nasce a sua volta da quello che da sempre ha portato avanti il Wef: “la prossima e grave pandemia”, si legge, non solo avrà un pesante costo in termini di malati e morti, ma avrà effetti a cascati sull’economia e sulla società, effetti che poi contribuiranno a loro volta all’impatto globale dell’evento. Reagire a queste conseguenze e cercare di prevenirle “richiede un livello di collaborazione senza precedenti fra governi, organizzazioni internazionali e settore privato”. In particolare, è necessaria una “nuova e robusta forma di collaborazione tra pubblico e privato”. Si delinea così, come nella “vision” di Schwab e del Wef, un nuovo modello di “dirigismo economico”, si auspica un crescente intervento dei governi nelle dinamiche economiche (Schwab parlerà di big government) in stretta cooperazione con i grandi gruppi privati e con le organizzazioni internazionali.
Ma se la raccomandazione n. 1 delinea l’approccio di fondo, la n. 2 passa subito a un aspetto specifico: la necessità di una programmazione vaccinale, in termini di sperimentazione, stoccaggio, distribuzione dei sieri, condotta sempre in collaborazione tra governi, istituzioni e organizzazioni internazionali (tra cui il GAVI di Bill Gates), con le aziende farmaceutiche e con il ruolo centrale dell’Oms.
Le raccomandazioni successive affrontano il problema delle severe limitazioni a viaggi e commerci – come se fosse già scontata la politica del lockdown e della quarantena – e, ancora, quello dei vaccini, ed è poi molto significativa – anzi impressionante – la settima e ultima raccomandazione. Nel gestire una futura pandemia, si legge, “i governi e il settore privato dovrebbero assegnare una grande priorità allo sviluppo di metodi volti a combattere la disinformazione (mis- and disinformation)”. Per combattere rapidamente ed efficacemente la disinformazione, i governi avranno necessità di collaborare con i tradizionali organi di informazione e con i social media. “Ciò richiede la capacità di inondare (sic) i media con veloci, accurate e solide informazioni. Le autorità di sanità pubblica dovranno collaborare con i datori di lavoro privati e con i leader che riscuotono fiducia nella comunità, così come con i leader religiosi, per diffondere informazioni fattuali a dipendenti e cittadini”. E le autorità nazionali di sanità pubblica dovranno poi lavorare in stretta collaborazione con l’OMS per diffondere rapidamente messaggi riguardanti la salute. Da parte loro, le compagnie mediatiche dovranno assicurare la priorità a questi “messaggi autoritativi” e accertarsi che “i falsi messaggi siano soppressi, anche attraverso l’uso della tecnologia”.
Insomma, si prefigurava anche e soprattutto quel controllo totalitario dell’informazione e dei media che abbiamo visto poi puntualmente realizzato.
Event 201 non è magari la “pistola fumante” che prova come il Covid sia stato programmato e fabbricato da una forma di segreta “massoneria” e nell’ambito di un “Grande Complotto”, ma in compenso mostra in modo sufficientemente solido che alcuni soggetti e poteri dominanti erano preparati a una emergenza pandemica e avevano le idee molto chiare su come gestirla e utilizzarla. Ma chi sono questi soggetti e poteri? Anche su questo punto non bisogna essere sbrigativi. Event 201 certamente si svolge a New York, a cura di una organizzazione non governativa statunitense e in collaborazione con la Fondazione di Bill Gates e con il Wef di Klaus Schwab, ma non bisogna dimenticare che tutto sembra partire, il mese prima, dal GPMB, che è a sua volta una emanazione dell’Oms (e della Banca mondiale). L’Oms ci riporta evidentemente a Bill Gates, meno all’amministrazione americana, che in quel momento era nelle mani di Trump, e soprattutto ci conduce alla Cina. Ma è molto interessante verificare chi sono i Board members del GPMB, un organismo che è stato così definito nel recente libro su Fauci di Robert F. Kennedy junior: “un comitato globale di tecnocrati, che soggioga la resistenza, censura spietatamente il dissenso, compromette la salute, devasta le economie e compulsa la vaccinazione”.
L’organismo ha due Presidenti. Uno è il senegalese Elhadj As Sy, che è stato anche segretario della Croce Rossa Internazionale. L’altro è un nome molto significativo, Gro Brundtland, ex-primo ministro norvegese, ma soprattutto presidente della Commission Bruntland che nel 1987 pubblica per conto dell’ONU l’omonimo rapporto sullo “sviluppo sostenibile”, una pietra miliare del “nuovo ecologismo” e l’architrave della “Agenda 2030” delle stesse Nazioni Unite. La Brundtland era il bersaglio primario dell’attentato terroristico perpetrato da Breivik e scampò per poco alla morte.
Significativi anche i nomi dei consiglieri, tra i quali risaltano innanzitutto quello di Anthony S. Fauci e quello di Chris Elias, Presidente del Global Development Program della Fondazione Bill & Melinda Gates. Ma non vi sono solo scienziati e politici statunitensi o comunque riconducibili agli Usa e all’Occidente in genere (tra loro, il sino-americano Dzau, il britannico Farrar, l’altra statunitense Henrietta Fore, l’olandese Sigrid Kaag, la tedesca Ilona Kickbusch). Tra i consiglieri del GPMB, vi è per esempio il virologo cinese Gao Fu, direttore del Chinese Center for Disease Control and Prevention (Gao Fu è ritornato in Cina nel 2004, dopo 13 anni trascorsi fra Oxford, Calgary e Harvard). Gao Fu sembra una figura chiave di questa storia perché sarà anche presente alla simulazione di Event 201.

Infine, troviamo nel GPMB la neurologa russa Veroníka Ígorevna Skvortsóva, che è stata a lungo Ministro della Salute a Mosca – dal 2012 fino al gennaio 2020 – per poi passare a dirigere l’Agenzia medico-biologica della Federazione Russa (la vedete qui con Putin).

Insomma, la morsa del Wef e della Bill & Melinda Gates Foundation si allarga su tutto il pianeta, le élites globaliste non sono solo americane o europee e le grandi potenze non si dividono fra quelle sostenitrici e quelle nemiche del “nuovo ordine mondiale”, ossia del sistema globale, dato che esse sono tutte soltanto nel primo gruppo. Più che mai, ci sono più cose tra la terra e il cielo di quante non ne possa immaginare la “filosofia” complottista e il sarcasmo degli anticomplottisti.
Per un approfondimento su Schwab, sul Wef e sulla ideologia del Great Reset, insomma sul potere di Davos, rimando alle videolezioni/videoinchieste.
Per informazioni e iscrizioni: angelomicheleimbriani62@gmail.com.
Qui un video di presentazione.
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